giovedì 4 aprile 2013

Racconto di marzo



Luci nella stiva dei ricordi.

Da 20 anni a questa parte, ogni mio soggiorno a Bologna è un piatto ricco di emozioni, incontri, stimoli.
Questo non poteva fare eccezione. E' stata la prima volta con Lucio altrove. E quindi non è stata la stessa cosa. Sempre molto bello. Ma incompleto. Per colpa di quell'inesorabile Altrove.
Tre giorni, tre giornate di sole.
2 marzo. Il centro pullula. Da subito iniziano gli incontri. Vecchi amici, nuove conoscenze. E quell'Altrove che pesa sugli sguardi di tutti, entra nei discorsi, strozza le frasi. Ci salutiamo con sincera cordialità, i caffè offerti si sprecano. Ma manca qualcosa. Qualcuno.
Su Via D'Azeglio cadono come petali note e parole di Lucio, ininterrottamente. Dal 1° al 4 marzo sarà sempre così, mattina e sera. Tutti gli altri giorni dell'anno solo una canzone, alle 18.
E lui lì, alla Certosa. In attesa di riposare accanto a Carducci. Voglio sentire un forte profumo di fiori, quando troverò il passo giusto per venire a trovarti.
Ogni vetrina ha una foto, un clarinetto, un bassorilievo, un disco, un libro.
Non lontano, in piazza Maggiore, continuano le prove del concerto tributo. Si susseguono ininterrotte mattina e sera. Tanti gli ospiti. Ma più si avvicina il concerto meno ho voglia di vederlo.
La prima giornata si avvia alla conclusione. Si è rafforzata una convinzione che avevo maturato da tempo: Lucio era come un possente albero, un fusto a cui erano attaccati rami, foglie e fiori, dove cinguettavano gli uccellini e trovavano riparo gli scoiattoli. Adesso che il robusto albero non li alimenta più, i rami avvizziscono, le foglie ingialliscono, i nidi cadono, i fiori appassiscono.
Sono tutti sbandati. Ognuno cerca di arrangiarsi come può, compreso il famoso sosia che gira per le vie del centro sperando che qualcuno lo riconosca, lo fermi, gli chieda una foto.
Ed è triste anche il vecchio venditore di castagne all'angolo con piazza dei Celestini, proprio sotto la veranda dello studio di Lucio. Ogni tanto rivolge lo sguardo a quella finestra, dove per anni ha salutato quell'uomo così gentile che gli comprava le castagne, pur non potendole mangiare, e le regalava ai senzatetto.
3 marzo. Lo confesso, mi sento coccolato. Ricevo molti regali: Libri, cofanetti rari, persino una confezione del profumo all'incenso che usava Lucio. Un tuffo al cuore.
Dopo pranzo, passeggiata in piazza mentre Bocelli e Morandi provano. Nel centro di Bologna non si perde neanche un bambino e io ci sguazzo da due giorni, come un bambino.
La sera assisto a un omaggio vero, intimo. Senza Rai né effetti speciali. Il teatro del Navile è un minuscolo scantinato proprio dietro casa di Lucio.
Mi fermo a parlare con amici dopo la serata. Mi raccontano che Lucio, il giorno prima di partire per il tour europeo/celeste, è stato lì.
Era stanco. Forse sapeva che sarebbe andato Altrove.
Secondo qualcuno non doveva partire per quella tournèe.
L'ho pensato anch'io. Ma, riflettendoci meglio, è stata l'uscita di scena che Lucio ha voluto, ha scelto. Senza declino, senza malattie. Con le sue forze, con lucidità. Da vero Re, da aquila che decide. Dopo uno strano saluto, la sera prima, alla statua di Freddy Mercury davanti al lago di Ginevra. Un arrivederci.
4 marzo. Di buon mattino passo a S. Domenico. E' il suo compleanno, la Basilica è uno dei luoghi più cari a Lucio, uno di quelli che hanno caratterizzato la sua vita sin dall'infanzia.
Faccio un giro tra le navate, le panche, le cappelle. In fondo, è a casa sua. Lascio un ricordo nel registro delle presenze. Lucio di sicuro l'ha già letta. "Ti dedico i miei migliori silenzi".
Avevo già deciso che non sarei andato alla Certosa. Confesso la mia debolezza. Nel breve soggiorno bolognese ho vissuto Lucio, l'ho ascoltato, l'ho respirato, l'ho visto dappertutto, come nessun altro.
La cronaca delle mie giornate bolognesi, per quanto mi riguarda, finisce qui. Il concerto francamente non aggiunge niente al carico di emozioni e incontri che ho accumulato in questi bellissimi e malinconici tre giorni sotto il sole (insperato) di Bologna.
Anzi. Aumenta la nostalgia di Lucio, che da lassù se la ride senz'altro. Non è mai andato via davvero. Ha solo cambiato materia.
In questi tre giorni ho intuito, capito, respirato il concetto di immortalità. Contagioso, triste e giocoso, possente e infantile, da portarsi dentro per sempre con un semplice sospiro.
"...e proprio te, questa notte in piazza sulle spalle di nessuno sarai un re..." (1983).

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